È il titolo della Nota redatta dalla Pontifica Accademia per la Vita, sull’emergenza da Covid-19 (del 30.02.2020).

Riprendiamo qualche spunto da un’intervista di Marco Dotti – che merita una lettura integrale – a Mons. Vincenzo Paglia, Presidente dell’Accademia stessa, pubblicata su www.vita.it, il 4 aprile.

«Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è». L’eco delle parole di Papa Francesco, pronunciate il 27 marzo, nel silenzio di Piazza San Pietro, ritorna giorno dopo giorno. Ci interroga sul tempo delle scelte che saremo chiamati a compiere e sul tempo di quella che la Pontificia Accademia per la Vita, in una nota molto importante presentata tre giorni dopo, ha chiamato: la fraternità universale.

Monsignor Vincenzo Paglia spiega che un’emergenza come quella del Covid-19 non si può superare se, ai mezzi tecnici, non affianchiamo una visione che tenga al centro il bene comune. La scienza «è chiamata ad allearsi con la solidarietà e l’umanità. Viviamo in tempi in cui nessun governo, nessuna società, nessun tipo di comunità scientifica, devono considerarsi autoreferenziali». Il tempo delle scelte, «il tempo del nostro giudizio», è il tempo di un rinnovato legame sociale, fondato sulla fraternità.

«Il coronavirus ha messo a nudo la radicale fragilità di tutti e di tutto. L’umanità intera, nella sua arroganza istituzionale – in tutte le sue diverse angolature (politica, economica, finanziaria, scientifica, organizzativa…) – è stata come “schiaffeggiata” da una molecola, che neppure è vivente. E tutti noi, dal più grande al più piccolo, dal più potente al più debole, siamo stati improvvisamente “livellati” e impauriti. La nostra sicurezza è crollata, la nostra euforia manageriale e la nostra brama di controllo si sono sgretolate. Ci siamo scoperti fragili. E pieni di paura».

«La prima grande lezione da apprendere è lumiltà. Umiltà da parte di tutti: intellettuali e politici, credenti e non credenti, governati e semplici cittadini. Siamo tutti limitati. Siamo tutti creature bisognose di aiuto, di compagnia, di amore, di sostegno. Guai a sentirci onnipotenti! È indispensabile che ci mettiamo nella condizione di pensare assieme il futuro, riconoscendoci gli uni bisognosi degli altri.

La solidarietà è la seconda grande lezione da apprendere. Tocchiamo con mano quanto strettamente siamo tutti connessi. Non ci sono atti individuali senza conseguenze sociali: questo vale per le singole persone, come per le comunità, le società, le popolazioni. Abbiamo scoperto che l’incolumità di ciascuno dipende da quella di tutti.

Ci stiamo accorgendo che ogni vita è sempre una vita comune, vita in comune con gli altri. Dobbiamo riconoscere, con emozione nuova e profonda, che siamo affidati gli uni agli altri.

Mai come oggi la relazione di cura si presenta come il paradigma fondamentale della nostra umana convivenza.

Il mutamento dell’interdipendenza di fatto, in solidarietà voluta, non è una trasformazione automatica. Dalla solidarietà oggettiva bisogna passare alla solidarietà come scelta. In questo senso mi pare importante sottolineare l’orizzonte della “fraternità universale” come l’indispensabile obiettivo che già da ora dobbiamo prefiggerci».

www.vita.it,


Come gli antichi naviganti delle stelle…

Signore,

la tua Parola stasera

ci colpisce e ci riguarda, tutti.

In questo nostro mondo,

che Tu ami più di noi,

siamo andati avanti a tutta velocità,

sentendoci forti e capaci in tutto.

Avidi di guadagno,

ci siamo lasciati assorbire dalle cose

e frastornare dalla fretta.

Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami,

non ci siamo ridestati di fronte a guerre

e ingiustizie planetarie,

non abbiamo ascoltato il grido dei poveri,

e del nostro pianeta gravemente malato.

Abbiamo proseguito imperterriti,

pensando di rimanere sempre sani

in un mondo malato.

Ora, mentre stiamo in mare agitato,

ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.

«Perché avete paura?

Non avete ancora fede?».

L’inizio della fede

è saperci bisognosi di salvezza.

Non siamo autosufficienti,

da soli affondiamo:

abbiamo bisogno del Signore

come gli antichi naviganti delle stelle.

Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite.

Dalla meditazione di Papa Francesco,
sul sagrato della Basilica di San Pietro, il 27 marzo 2020