I poveri non ci pensano due volte a mettere in moto la solidarietà e l’accoglienza. È quanto hanno potuto imparare i giovani partecipanti al Campo missionario europeo, organizzato nell’estate 2018 dalla Famiglia Comboniana, in Portogallo alla periferia di Lisbona.

Il Campo missionario europeo è una delle attività estive che la Famiglia Comboniana promuove ogni anno con il JIM – Jovens en missão, l’equivalente, per l’Italia, del GIM (Giovani Impegno Missionario) in cui sto collaborando da vari anni, a Padova.

Nell’estate 2018 ho avuto modo di parteciparvi con otto giovani italiani. Là mi sono trovata anche con Paula Clara e Joana, due missionarie secolari comboniane che collaborano con la Famiglia Comboniana in Portogallo, nelle attività peri i giovani.

Insieme agli otto italiani, hanno partecipato sei giovani di origine africana provenienti dai bairros della periferia di Lisbona e una ventina di giovani portoghesi, con alcuni missionari e missionarie comboniane; fra queste ultime, una messicana e una brasiliana. Davvero un bell’intreccio di umanità, di lingue e di culture differenti. Un campo all’insegna della diversità e della comunione: la diversità di provenienze dei partecipanti, delle situazioni incontrate, la gioia della comunione che si è creata nella bellezza del vivere insieme. Davvero una grande ricchezza!

Il Campo, pensato propriamente per i giovani in una realtà di emarginazione, a Camarate, zona periferica di Lisbona, dove i missionari e le suore comboniane prestano il loro servizio, ha avuto delle connotazioni fortemente missionarie.

Il nostro obiettivo era di poter stare veramente a contatto con la gente del luogo prestando un servizio… Questa esperienza ci ha scosso profondamente. Ci ha colpito in particolare il bairro da Torre, che confina quasi con l’aeroporto: una collina ricoperta da baracche di lamiera, di assi e materiale vario da recupero, sul cui sfondo si vede decollare un aereo ogni pochi minuti. Qui vivono gitani e africani immigrati da vari paesi.

Abbiamo incontrato anche altri due bairros formati da case popolari dove vivono per lo più immigrati africani, gitani e portoghesi venuti dal nord negli anni passati, in cerca di lavoro.

Giovani campisti e animatori, suddivisi in quattro gruppi, partivamo nei pomeriggi, sotto il sole cocente della torrida estate, per raggiungere i differenti bairros e stare con la gente, intrattenere i bambini con giochi e piccoli laboratori, visitare alcune persone anziane e collaborare in diversi lavori, anche di pulizia e di costruzione.

Il “bairro da Torre” era stato colpito il mese prima da un incendio causato da un corto circuito. Trentacinque famiglie rimaste senza casa, o meglio, senza “baracca”. La solidarietà fra poveri si è messa subito in moto. Ci ha colpito la storia di Riccardina e della sua famiglia, che ha fatto spazio nella propria casa all’accoglienza di alcune persone rimaste senza tetto. La sua è stata la più forte testimonianza che abbiamo potuto ascoltare. Mamma di 4 figli, Riccardina gestiva un piccolo ristorante nel bairro, ma non lavorava da un mese per potersi occupare dell’accoglienza di chi era rimasto senza nulla. Riccardina è l’anima della comunità. Toccata profondamente dall’Amore, ci ha dato incredibili lezioni di altruismo. Una sera abbiamo celebrato la Messa accanto alla sua povera casa, dove avevamo lavorato tutto il pomeriggio per ripulire, sistemare, rimuovere immondizie e creare, con lamiere, un piccolo spazio che fosse degno di una fraternità condivisa che celebra l’Eucaristia.

Con una Messa animata dal rullo dei tamburi e da canti africani era difficile pensare di essere in Europa! Alla conclusione c’è stata una buona cena condivisa con le famiglie del posto.

Ogni sera incontravamo le diverse comunità cristiane formatesi nei bairros. Qui le persone ci raccontavano del cammino della comunità, della costruzione della cappella; poi si continuava con canti e preghiere e con un momento di festa. Mi sembrava proprio di ritornare al tempo delle comunità di base in Brasile.

Le mattinate del campo erano dedicate invece alla preghiera, allo scambio sull’esperienza del giorno precedente e alle testimonianze missionarie.

Durante il Campo eravamo ospiti in una scuola materna: materasso a terra, per chi ce l’aveva, o sacco a pelo, adattandoci ad uno stile di vita un po’ spartano; ma di fronte alle baracche dei nostri nuovi amici ci sentivamo quasi in un albergo a 5 stelle!

Silvana Carollo