Monsignor Paolo Bizzeti, dal 2015 è vicario apostolico d’Anatolia in Turchia, dove vissero i primi Apostoli e grandi Padri della Chiesa, e oggi terra di incrocio dove l’incontro con la diversità è pane quotidiano.
La sua Diocesi è più grande dell’Italia, ma i cristiani sono una minoranza: lo 0,2% di cui solo lo 0,015% sono cattolici. Qui arrivano anche tanti cristiani fuggiti dalla guerra in Iraq e in Siria, e dall’Iran e dall’Afghanistan dove la persecuzione dei cristiani è spaventosa: hanno bisogno di essere sostenuti nella fede, aiutati nell’inserimento e anche economicamente perché hanno perso tutto a causa della loro fedeltà a Gesù.
«Ma ci sono anche tante belle sorprese: – aggiunge Mons. Bizzeti in un’intervista… – oggi abbiamo persone che provengono da altre religioni e che chiedono informazioni sul cristianesimo e alcune di loro iniziano un cammino di catecumenato per arrivare al Battesimo: è Gesù che continua ad attirare persone!».
Questa terra del Medio Oriente, è davvero un luogo di incrocio dove ogni giorno si fanno i conti con la diversità, una terra con una storia interessante che merita di essere conosciuta proprio perché ci mette di fronte al vero problema che abbiamo come persone umane: quello di accogliere il diverso.
Da un recente intervento di Mons. Bizzeti (il 27 gennaio 2021, nel contesto dell’iniziativa interdiocesana “Passi di Pace”) cogliamo alcuni frammenti di testimonianza su cosa significhi, in quella terra, accogliere la sfida della diversità, essere operatori di fraternità e di pace.
«Il diverso fa paura… Possiamo chiuderci nel nostro ghetto o sognare di cambiarlo per renderlo come noi, stabilire un conflitto permanente, oppure cominciare a pensare che anche lui è un figlio di Dio e un fratello. Come cristiani cattolici cerchiamo di favorire la conoscenza reciproca frequentandoci, cercando una possibile via di convivenza…; e stiamo sperimentando che questo è possibile.
Antiochia è una delle poche parrocchie al mondo dove cattolici e ortodossi si sono accordati sulla data della Pasqua. La diversità di date è un po’ uno scandalo, un problema enorme con evidenti ripercussioni anche sulla vita quotidiana delle famiglie, perché qui i cristiani di diverse confessioni si sposano tra loro. Questo accordo testimonia la possibilità di superare barriere millenarie, purché si sia disposti a pagare un prezzo.
Da un po’ di anni, grazie a Dio, viviamo in una relativa tranquillità: qui al sud, ma anche sulla costa del Mar Nero, i cristiani hanno buone relazioni con i musulmani, e viceversa. In tutte le parrocchie abbiamo delle famiglie miste, in cui il marito o la moglie sono di religione diversa. Quando arrivano dei gruppi di pellegrini e chiedono un incontro con i cristiani locali, io spesso invito la coppia dei cuochi della mensa della Caritas: lui è cristiano siriaco ortodosso, (ma alla domenica partecipa e serve la Messa nella nostra cattedrale cattolica; e questo è già un primo segno di ecumenismo di fatto…) e la moglie è musulmana… Allora i pellegrini chiedono: “Ma voi come fate? Tu cristiano, lei musulmana…, con i figli?” La loro risposta è sempre la stessa: “Il problema non è essere cristiani o musulmani, ma se si ama l’altro, e noi ci vogliamo bene, ci amiamo!”. Questo porta al rispetto, alla tolleranza e all’accettazione reciproca smussando tanti angoli e rigidità che ci sono dall’una e dall’altra parte. Bisogna saper andare oltre e custodire la diversità, ma per questo è necessario pagare un prezzo, anche quello della vita! La testimonianza di Gesù su questo punto è molto chiara: Lui ha accettato di salire sulla Croce.
Questa è la nostra esperienza quotidiana, in una situazione in cui tante volte bisogna ingoiare un’umiliazione, perché siamo una piccola minoranza. In Turchia la Chiesa cattolica non è riconosciuta ufficialmente. Ci sono delle difficoltà, delle fatiche e anche visioni diverse su certi punti fondamentali; allora, come diceva Giovanni XXIII, dobbiamo metterci nella difficile ricerca di ciò che unisce.
È quello che stiamo cercando di fare tra cristiani…, anche tra noi vescovi. Siamo sei vescovi: tre latini, un armeno, un siriaco e un caldeo; insieme rappresentiamo l’occidente e il Medio oriente e, grazie a Dio, con la pazienza, l’ascolto, la frequentazione riusciamo a camminare insieme. Attraverso gesti di gratuità si cominciano a costruire ponti per un reciproco arricchimento, e cadono le barriere. A livello di vita quotidiana vediamo che vivere cercando ciò che unisce, è possibile.
Piccole realtà povere: la pace è possibile; grandi realtà ricche e potenti: la pace è quasi impossibile. Questo è ciò che ho imparato in questi anni in Medio Oriente e in particolare in questi 5 anni qui in Turchia».
Mons. Paolo Bizzeti