Quali sentimenti ci portiamo dentro in questo tempo di inizio estate, dopo quasi due anni sui quali vorremmo chiudere la parentesi il più in fretta possibile?
Sicuramente c’è un desiderio impellente di tornare alla normalità; lo si tocca con mano guardando in giro…. Ma di quale normalità stiamo parlando? Se abbiamo il coraggio di guardarci dentro, forse scopriamo ancora tanta incertezza e paura… Se poi alziamo lo sguardo un po’ oltre i nostri ristretti confini, scopriamo realtà che ci sconcertano. C’è il rischio di chiudere gli occhi per non vedere, di alzare muri per difenderci, di pensare solo a “salvare” noi stessi.
Ma, a noi che ci diciamo cristiani, quali pensieri e atteggiamenti si addicono? Verso quale normalità siamo chiamati ad andare, e quale contributo dare alla storia del nostro tempo, proprio ora, in questo incerto inizio estate?
“Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza” (2 Cor 6, 2), leggiamo nella seconda lettera alla comunità di Corinto, una città non certo priva di problemi e di complessità come lo può essere una qualsiasi città del nostro tempo. A Corinto non tutto è stato così facile per l’apostolo Paolo, ma proprio in quella città il Signore gli aveva assicurato di avere “un popolo numeroso”, di cui Lui era il primo a prendersi cura.
È la stessa Parola di Dio che viene incontro a noi, oggi, come “luce ai nostri passi”, luce per questo nostro tempo con tutte le difficoltà, le contraddizioni e le incertezze che stiamo attraversando, non per un ipotetico domani. “Oggi è il momento favorevole, il giorno della salvezza”: sono parole che, istintivamente, fanno affiorare un pensiero, quasi come un imperativo moralistico: “Diamoci presto da fare per cambiare le cose!”. In realtà la prima cosa necessaria è aprire gli occhi per accorgerci di una Presenza più grande, sorgente inesauribile di speranza sulla quale tutti possono contare. Una Presenza già all’opera nella storia per donarci “salvezza”, per offrire un “senso” pieno alla vita, non soltanto per un aldilà, ma già per oggi, nelle diverse situazioni e condizioni concrete del nostro esistere.
Testimoniare, vivendo da fratelli, la presenza di questo Dio che è Padre, che ci ama e si prende cura di noi, è il contributo più importante e più urgente che, come cristiani, siamo chiamati ad offrire all’umanità, oggi.
Vivere come fratelli in questo mondo frammentato, pieno di divisioni e di ingiustizie…, sembra una missione impossibile. In effetti il risultato non è attribuibile alla nostra capacità umana, ma è dono. Un dono che non ha apparenze di grandiosità e di potenza, ma la piccolezza di un seme, quasi invisibile agli occhi, la cui logica è scomparire sotto terra, per donare nuova vita. È la stessa logica di Dio che in Gesù si fa piccolo, fino all’estrema condivisione dell’umano, unico modo per dirci che non c’è un Amore più grande di questo.
È di questo amore che siamo resi partecipi, se siamo disposti ad accoglierlo. Ed è per la forza nascosta di questo seme che potremo far crescere la fraternità, vivendo mescolati in mezzo agli altri, nelle vicende ordinarie del quotidiano, essendo fermento di un modo alternativo di vivere le relazioni con gli altri, con le cose, con il creato, anche sapendo essere coscienza critica ogniqualvolta la fraternità è minacciata.
Anna Maria Menin