Andare in mezzo a chi davvero non ha più speranza

Maria Angela Bertelli, saveriana, è una fra i testimoni che hanno condiviso la propria esperienza nelle recenti Giornate missionarie di Assisi.  Prima del mandato in Thailandia, ha vissuto in Sierra Leone dove ha passato quasi due mesi, con tutta la sua comunità, nelle mani dei guerriglieri. La sua storia è raccontata nel libro “Dove solo l’anima arriva” di Monica Mondo (editrice EMI).

 

«Ho ricevuto il dono del mandato missionario in Thailandia dal 2000 al 2016. Durante i primi anni, lavoravo come fisioterapista e infermiera a Chae Hom, tra le colline a nord di Lampang, diocesi di Chiang Mai. Appena imparata la lingua, ascoltavo più che parlare, perché il dialetto usato al nord non permette di capire tutto. Potevo però usare le mani per trattare i pazienti. Adulti e bambini disabili mi venivano segnalati dapprima dai catechisti che visitavano i villaggi, poi dalla gente che, per curiosità, veniva a vedere dalle finestre cosa faceva questa straniera in casa delle persone. Solo cinque pani e due pesci… per una folla! Insegnavo l’arte della fisioterapia manuale ai genitori e ai nonni dei bambini disabili che li accudivano.

Nel 2004, mi ritrovai a vivere nello slum di Wat Chong Lom, alla periferia di Bangkok. Il Signore tesse la mia vita con la trama di alcune donne e ragazze che un missionario mi mandò come aiuto nel servizio ai malati terminali di AIDS e ai bambini disabili della baraccopoli. Il filo che ci univa era la Parola di Dio, che ascoltavamo ogni giorno prima di uscire per le visite. Il Vangelo di Gesù, a loro ancora sconosciuto, ci indicava lo spirito per avvicinare queste persone che soffrivano più per l’abbandono dei loro cari che per la malattia. Non occorreva il sapere di un’infermiera: c’era bisogno di sapere e praticare la carità! Gesù è la Via, la Verità della dignità nascosta sotto le spoglie di un rifiutato dalla società. Gesù è la Vita che sboccia anche davanti alla morte imminente di Tanit, buddhista, che, dopo aver accettato la mia preghiera per lui, mi chiede: “Sister, ma chi è il tuo Dio? Perché tu, con quel Dio lì, per me fai quello che neppure mia moglie e i miei figli farebbero!”. “Lui è nostro Padre, Tanit. E tu, vorresti essere suo figlio?”. Appena un cenno della testa per dire sì. L’acqua della brocca sul comodino dell’ospedale è perfetta per il battesimo di questo Figlio che ha appena incontrato suo Padre! Poche ore prima della dipartita, aveva accettato anche di rivedere la famiglia per riconciliarsi con chi l’aveva rigettato. Quale opera di tessitura! Ma la tela più completa e variopinta è quella che il Signore ha tessuto nella Casa degli Angeli, dove si accolgono mamme e bambini disabili, incontrati nei modi più imprevedibili, all’ospedale come nella baraccopoli. Molte di loro, rifiutate dalla famiglia, non hanno di che vivere. Gli aiuti dello Stato sono irrisori e il bambino non può essere lasciato solo. Nella visione buddhista, il disabile è il karma, la giusta punizione per un male fatto nella vita

precedente. Sfinite per l’assistenza continua, queste donne guardano con occhi spenti il loro bambino, portando l’umiliazione del loro “fallimento”. Difficile, se non impossibile, curare ferite affettive e fisiche che ancora sanguinano: né la fisioterapia, né le cure possono restituire integrità al loro bambino e alla vita familiare distrutta. Anche davanti a loro non ho che la medicina del Vangelo, data a piccole gocce ogni giorno: “Non vi chiedo di cambiare religione, ma di considerare se quello che Gesù ci propone possa essere di aiuto per voi, per intravedere la bellezza nascosta nei vostri piccoli, il valore della loro vita e della vostra al loro servizio! Gesù sofferente è nei vostri piccoli e voi lo state servendo giorno e notte con sacrificio e amore”. “Ma Sister – mi dicono -, a volte m’arrabbio, mi stanco, non ne posso più”. “L’amore non è un sentimento – rispondo – è proprio questo servizio che fate a loro, questa vostra volontà tenace di amare anche quando vi costa tantissimo! Siete state scelte da Dio per la missione più importante di tutte: essere amore, vivere l’amore come Maria, conoscendo la gioia e il dolore più grande per i propri figli!”. Giorno dopo giorno, si tesse così la solidarietà tra queste mamme, la condivisione di tutto, nel pianto e nella gioia, nel lavoro e nel gioco. Tanto che i volontari che vengono da noi chiedono: “Ma chi è la mamma di chi…?”, vedendo come ogni mamma si prendeva cura di ciascun bambino. Hanno fatto sentire anche me, straniera e sterile, parte della loro famiglia e madre! Grazie, Signore, che sempre raccogli i fili più diversi dalle vite più nascoste e insignificanti al mondo. E li tessi con amore in coperte colorate bellissime, per riscaldarci nel gelo di tante giornate cupe, per coprire le ferite nascoste di tanti cuori, per farci conoscere la tua Presenza e Gloria già qui, nella baraccopoli della nostra vita caotica».

Maria Angela Bertelli, missionaria saveriana – Da “Missionari Saveriani” n. 3, 2021