Riportiamo una testimonianza curata dai missionari della SMA sul tema del Festival della Missione “Vivere per dono”.

In molti posti dell’Africa ancora oggi migliaia di persone vivono incatenate e dimenticate. Sono malati di mente. Non hanno commesso nessun delitto, sono vittime della paura, dell’ignoranza, della povertà. Gregoire Ahongbonon dedica la sua vita a riscattare queste persone. Ha realizzato 24 centri di cura: in Costa d’Avorio, in Togo, Benin e in Burchina Faso e continua a lottare perché nessuno sia più incatenato.

La psicoterapeuta cremonese Anna Ferragni, che dopo averlo conosciuto ha deciso di partire per l’Africa, racconta come l’incontro con quest’uomo abbia cambiato il suo modo di vivere e di lavorare.

 

«Cos’è stata l’Africa e in che cosa ha consistito il mio incontro con Gregoire, sono due cose che coincidono. La prima volta che, qualche anno fa, sono stata in Africa, è stato proprio per incontrare Gregoire e passare tutto il tempo con lui all’interno dei Centri S. Camillo che si occupano della cura delle persone che fanno l’esperienza della sofferenza psichica. Ma se devo dire qual è stato il primo impatto con L’Africa, è il sentimento di una sproporzione: tutto era enorme, diverso, esagerato e il rischio era quello di sentirmi schiacciata, estremamente piccola rispetto a questi bisogni che erano e sono visibili da tutte le parti.

Fortunatamente l’incontro con Gregoire mi ha permesso, non solo di non rimanere schiacciata, ma di trovare una corrispondenza con quello che ho sempre cercato e desiderato: rendere l’essenziale visibile agli occhi, a differenza della famosa frase del Piccolo Principe: “L’essenziale è invisibile agli occhi”. Il dono che ho ricevuto dall’Africa è vedere l’essenziale e rimanere concentrati sul senso di risposta a ciò che davvero conta nella vita di ogni giorno. L’incontro con Gregoire è l’incontro con un vangelo incarnato che più vero di così non si può, perché è proprio esperienza fattiva, operativa, dal mattino fino a notte fonda, in tutto il tempo dedicato ai più bisognosi tra i bisognosi, che vengono raccolti, lavati, curati, vestiti e soprattutto amati. Questo è ciò che ho ricevuto e ricevo ogni giorno dall’esperienza africana, dall’esperienza con Gregoire, che cambia anche il mio modo di vivere e di lavorare come psicoterapeuta: non stare solo nel nascondimento, ma rendere il servizio all’altro, il dono di sé all’altro, qualcosa che sia testimonianza quotidiana, che sia visibile agli occhi e a tutti i sensi. Questo posso dire: ciò che è davvero trasformativo è non nascondersi, ma rendere visibile a tutti la verità e la bellezza del dono di sé e dell’incontro con l’altro». (Anna Ferragni)

 

Chi è Gregoire Ahongbonon

Un uomo che sa cosa significhi perdere tutto e grazie a ciò ha capito che, se non si ha attenzione per i poveri non si ha nulla veramente.

Nato nel 1953 in un piccolo villaggio del Benin, nel 1971 emigra in Costa d’Avorio dove vive un periodo di prosperità, ma poi arriva a perdere tutto fino a conoscere la disperazione.

L’incontro con un missionario gli ha aperto gli occhi: «Per la prima volta mi sono sentito compreso e accompagnato. Durante una delle sue omelie, disse che ogni cristiano deve partecipare alla costruzione della Chiesa portando la propria pietra. Così mi domandai quale pietra potevo portare io».

Da quasi trent’anni Gregoire si occupa della liberazione e della riabilitazione di migliaia di persone che vivono in condizioni disumane (incatenate a terra o agli alberi) perché considerate possedute, quando in realtà sono solo epilettici o disagiati psichici.

Che cosa muove quest’uomo, ogni giorno, senza cedere a fatica o disperazione? Lo racconta lui stesso: «Trovo ogni giorno qualcosa di nuovo per me attraverso questi malati, perché il lavoro è ricominciare ogni giorno. Ogni mattina a farmi alzare è la certezza che incontrando i malati mentali io incontro Gesù Cristo. Tutte le mattine, prima di recarmi nei centri, vado innanzitutto a Messa. È il desiderio di incontrare Gesù in questi malati che mi permette di continuare ogni giorno».